domenica 2 novembre 2008

La parrocchia come luogo di comunione

Le tematiche che riguardano la parrocchia sono molte: su quali pilastri costruire la vita parrocchiale, come rivalorizzare e rivitalizzare le sue strutture, con quali iniziative aiutare chi si accosta ai sacramenti per riceverli con frutto, come renderla scuola di fede e di liberazione dagli incombenti mali di oggi, in che modo prendersi cura dei suoi aspetti caritativi e liturgici, in quali condizioni ha possibilità di incidere sul mondo in cui è collocata, in quale rapporto sta con la socialità...... Numerosi anche i documenti autorevoli al riguardo.

Dovendo portare attenzione sulla dimensione-base necessaria, è opportuno concentrarsi su un solo argomento: l’importanza della comunione in parrocchia. E’ qui infatti che si trova anche la radice della sua crescita spirituale, della fecondità del suo impegno di evangelizzazione, della sua incidenza storica e sociale.

Il senso della comunità

Sono di aiuto le espressioni che il Magistero riserva alla parrocchia per definirne il cammino. Paolo VI°, dopo aver affermato "che la sorte della evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa", sottolineava - nei riguardi della parrocchia - "che ogni azione è prospera ed efficace se è unitaria", per cui se "prima si chiedeva alla parrocchia che si radunasse per la Messa della Domenica, adesso si esige che sia unita in forma permanente, e che abbia in grado superiore il senso della comunità. Allora non è sufficientemente coltivata la norma, l’ansia per la comunità".
Giovanni Paolo II°, in un incontro con 7.000 impegnati parrocchiali provenienti dai cinque continenti, dava questa prospettiva: "Oggi la parrocchia può vivere una nuova e grande stagione. Spesso smarrito e disorientato, l’uomo contemporaneo cerca la comunione. Avendo non di rado visto frantumarsi o disumanizzarsi il suo contesto sociale, anela ad una esperienza di autentico incontro e di vera comunione. Ebbene, non è questa la vocazione della parrocchia, di essere cioè una casa di famiglia, fraterna ed accogliente, una fraternità animata dallo spirito di unità, la famiglia di Dio in un posto concreto. La parrocchia non è principalmente una struttura, un territorio, un edificio: ma riscoprirsi comunità. Cristiani non si è da soli. Essere cristiani significa credere e vivere la propria fede insieme ad altri e così essere chiesa".
Tenendo presente che nelle grandi parrocchie i vari gruppi diversificano gli aspetti di vita ecclesiale, Paolo VI° suggerisce questa bella immagine: "Questa evoluzione della parrocchia che si esprime in piccole comunità e gruppi ci fa pensare ad una comparazione: quella del concerto vocale e strumentale. Ognuna delle piccole comunità (o gruppi) è un po’ differente dalle altre, come le voci e gli strumenti. Però tutte ed ognuna, per essere autenticamente chiesa, devono essere molto attente di rimanere in comunione"

La forza coesiva della carità

Una descrizione di una autentica realtà ecclesiale presente in un determinato posto è fatta da Paolo VI° visitando la parrocchia di Maria Consolatrice in Roma. "Come si chiama questa forza coesiva atta a tenere insieme il corpo ecclesiale? Lo sanno tutti: si chiama carità. E’ la grande legge costitutiva della chiesa. Sono uniti i fedeli nell’amore, nella carità di Cristo? di certo questa è una parrocchia vitale.; qui c’è la vera chiesa; giacchè è rigoglioso allora il fenomeno divino-umano che perpetua la presenza di Cristo fra noi. Sono i fedeli insieme unicamente perchè iscritti nel libro dell’anagrafe o sul registro di battesimo? Sono aggregati solo perchè si trovano, la Domenica, ad ascoltare la Messa, senza conoscersi, facendo magari di gomito gli uni contro gli altri? Se è così, la chiesa non risulta, in quel caso, compaginata; il cemento che di tutti deve formare la reale, organica unità, non è ancora operante. Ricordate le parole solenni di Cristo. Vi riconosceranno veramente per miei discepoli, autentici seguaci e fedeli, se vi amerete gli uni gli altri: se ci sarà questo calore di affetti, di sentimenti: se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi, più che spontanea, con quella larghezza di cuore e quella capacità di generare Cristo in mezzo a noi, derivanti, appunto, dal sentirci uniti in Lui e per Lui"
Che cosa sarebbe infatti una comunità senza la carità? Che cosa sarebbe se non attuasse quello che il Concilio ha chiamato la "legge" del nuovo popolo di Dio: il precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati? Che cosa sarebbe senza la piena comunione con i vescovi ed i sacerdoti? Questa carità inoltre deve farsi visibile. Essa deve permeare ed ordinare tutti gli aspetti propri della comunità, in modo che la vita spirituale sia capace di unire l’amore di Dio e l’amore del prossimo.

Corresponsabilità ecclesiale

L’impegno di "edificare la chiesa" è compito di tutti. Non tutti lo compiono allo stesso modo, ma secondo vocazioni, doni, carismi, diversi e con varietà di servizi e di attività. "A quel modo infatti che in uno stesso corpo abbiamo molte membra, e nessun membro ha la stessa funzione; così tutti insieme formiamo un solo corpo in Cristo, essendo ciascuno per parte sua, membra gli uni degli altri" (Rom. 12, 4 e ss.).
C’è una distinzione di servizio e di grazia tra il ministero sacerdotale e l’impegno laicale: ma l’uno e l’altro concorrono - organicamente - ad attuare il disegno di Dio sulla umanità. Il rapporto fraterno fra tutti conduce più profondamente alla ricerca della concordia e a far sì che ogni carisma ed ogni attività venga esercitato in accordo con coloro che presiedono nella chiesa.
Il cammino ecclesiale richiede, certo, dedizione di cuore e di opera, con unità di intenti e con ricerca di organicità di disegno: ma chi vive l’impegno ecclesiale ha la certezza di essere chiamato ad un progetto di grande significato, come umile e necessario strumento dell’Unico Architetto e Costruttore che ha affermato "Io edificherò la mia Chiesa".
In questo senso si può affermare che la parrocchia attua - o è chiamata ad attuare - la presenza di Gesù in mezzo ai suoi fedeli e in tal modo lo stesso popolo cristiano diventa, si può dire, sacramento, segno sacro della Presenza del Signore.

Come in una famiglia

La comunità, nel suo senso più profondo, è costituita dall’unità dei credenti con Gesù e tra di loro. Questa unità - parola-chiave dell’insegnamento della chiesa nata dal Concilio - il Papa ed i Vescovi l’hanno posta più volte a base della vita che si svolge in parrocchia. Gesù prega "perchè siano una cosa sola. Come Tu, Padre, sei in me e Io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, affinchè il mondo creda che Tu mi hai mandato".
Con queste parole Gesù ci ha suggerito - come dice il Vaticano II° - "una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità". La luminosa vocazione della comunità ecclesiale è di sforzarsi di divenire quella famiglia di Dio in un determinato luogo capace di fondere insieme tutte le differenze umane.

La parrocchia potrà così far risplendere in qualche modo il volto di Cristo e di esercitare un’azione efficace nei confronti delle anime da avvicinare al Vangelo.


giovedì 30 ottobre 2008

A Sua immagine su Chiara Luce

SABATO 1° NOVEMBRE - su RAI 1 – alle ore 10.30
la trasmissione “A sua immagine” sarà dedicata alla santità. 
Sono invitati in studio Maria Teresa e Ruggero Badano, genitori di Chiara Luce, che presenteranno la testimonianza di Chiara Luce, modello di santità per i giovani di oggi.
Nella trasmissione ci sarà anche una piccola fiction su qualche momento della vita di Chiara Luce.

giovedì 3 luglio 2008

Chiara "Luce", Venerabile!


Chiara “Luce”, Venerabile!

Anche i giovani di oggi camminano sulla via della santità.
Oggi, 03 luglio 2008, con l'approvazione di Benedetto XVI la Serva di Dio Chiara “Luce” Badano viene proclamata Venerabile.
Cioè ha vissuto in grado eroico le virtù cristiane con un comportamento quotidiano virtuoso che supera il modo normale di agire delle stesse persone impegnate nella vita cristiana, e con una costanza determinata e fiduciosa nell'abbandono alla volontà di Dio.
La Chiesa ci stimola all'imitazione di tale modello; ci invita a un dialogo fraterno con lei e a invocare, nella preghiera, la sua intercessione presso il Signore.
È bene far conoscere la testimonianza di Chiara per l'aiuto che il suo esempio può offrire a persone di ogni età e condizione in una società sempre più secolarizzata.
La sua testimonianza conferma che il Vangelo può essere praticato anche dai giovani di oggi.
+ Mons. Livio Maritano

lunedì 7 aprile 2008

Centinaia sono i messaggi che continuano ad arrivare da tutto il mondo da personalità civili e religiose, delle varie Chiese e religioni, dei diversi movimenti ecclesiali e da gente comune.

Di seguito proponiamo una selezione molto limitata.


CAPI DI CHIESE

Telegramma di Papa Benedetto XVI

Ho appreso con profonda emozione la notizia della pia morte della signorina Chiara Lubich, sopraggiunta al termine di una lunga e feconda vita segnata instancabilmente dal suo amore per Gesù abbandonato. In quest’ora di doloroso distacco sono spiritualmente vicino con affetto, ai familiari e all’intera Opera di Maria - Movimento dei Focolari che da lei ha avuto origine, come pure a quanti hanno apprezzato il suo impegno costante per la comunione nella Chiesa, per il dialogo ecumenico e la fratellanza tra tutti i popoli. Ringrazio il Signore per la testimonianza della sua esistenza spesa nell’ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo in piena fedeltà alla Chiesa e al Papa e mentre ne affido l’anima alla divina bontà affinché la accolga nel seno del Padre auspico che quanti l’hanno conosciuta e incontrata, ammirando le meraviglie che Dio ha compiuto attraverso il suo ardore missionario, ne seguano le orme mantenendone vivo il carisma. Con tali voti invoco la materna intercessione di Maria e volentieri imparto a tutti la benedizione apostolica.

Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli

A Chiara va il rispetto e la stima della Chiesa di Costantinopoli per il suo monumentale lavoro di promozione di un amore basato sul Vangelo, tra persone di fede e formazione diverse. Sono stato felice di aver potuto far visita a Chiara durante il mio ultimo viaggio a Roma. Possa la sua anima trovare pace là dove riposano i giusti e dove non c’è dolore, sofferenza e lutto.

Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, Gran Bretagna

Chiara Lubich è stata una delle grandi figure della Chiesa moderna e una di quelle figure che appartiene non solo alla comunità della Chiesa cattolica, ma a tutti quelli che capiscono quanto si sia adoperata per il rinnovamento dei cristiani. Ha imposto un cambiamento nella vita della comunità di molti, molti cristiani. I suoi scritti e i suoi insegnamenti sono stati di ispirazione per centinaia di migliaia di persone, se non di più. E noi piangiamo la sua scomparsa con profondi sentimenti. E’ una donna che ho avuto il privilegio di incontrare e ho avuto contatti molto fruttuosi con il Movimento dei Focolari. Per molti, molti anni hanno incoraggiato e ispirato me e il mio ministero. Quindi, il mio cuore va a quanti in questi giorni piangono la perdita di Chiara. Penso che vedremo in lei una delle grandi luci dell’attuale generazione cristiana.

ISTITUZIONI

Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica italiana

Chiara Lubich è una delle figure più rappresentative del dialogo interreligioso e interculturale, una voce rigorosa e limpida nel dibattito contemporaneo. Ha saputo fondare un movimento tra i più estesi del mondo, in grado di confrontarsi con spirito aperto, con il mondo laico sulla base della supremazia degli ideali umani della solidarietà, giustizia e pace fra popoli e nazioni.

CHIESA CATTOLICA - AUTORITA’ ECCLESIASTICHE

Card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani

Commemorare pienamente Chiara credo consista nel continuare, senza scosse, la sua testimonianza. Con lei sperimentavano che la spiritualità dell’unità poteva costruire ponti, tessere rapporti, abbattere pregiudizi di secoli, rinnovarsi in testimonianza comune. Ha saputo amare appassionatamente la Chiesa e lo ha fatto soprattutto servendo l’unità, vissuta come segno e garanzia della sua fedeltà.

Card. Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici

Ho avuto vari incontri con Chiara: l’ultimo in occasione delle feste natalizie. Ma ogni incontro con lei è stato nella mia vita un avvenimento che lasciava tracce molto profonde. Era una persona che contagiava ogni interlocutore con il suo entusiasmo per le cose di Dio”. Il cardinale ha lasciato un messaggio ai suoi figli spirituali: “portate avanti questa fiamma del carisma con grande coraggio: è una storia, nella Chiesa, che non si chiude, ma si apre”.

CEI: telegramma firmato dal Card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI e Mons. Giuseppe Betori, segretario generale

L’esperienza di Chiara è un’esperienza di comunione che arricchisce la vita della Chiesa in Italia e nel mondo”. “Particolare riconoscenza per la la forza della sua testimonianza che ha proposto un cammino di fede fondato sul principio di unità, sorgente nella Chiesa e nel mondo di itinerari di vita nel segno della pienezza della gioia”.

Card. Luigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano

La nostra Chiesa ambrosiana si unisce a tutti coloro che pregano per Chiara Lubich. Ha dedicato tutta la sua esistenza alla costruzione della comunione e della fratellanza tra gli uomini di ogni razza e popolo. L’amore di Dio era la sorgente di ogni sua opera e sapeva comunicarlo con straordinaria forza così da attrarre ad esso moltissime persone.

Card. Camillo Ruini, Vicario del Papa per la diocesi di Roma

Chiara continuerà la sua provvidenziale presenza nei Focolari, nella Chiesa e nel mondo.

Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia

Ora diventa per noi più impegnativa la responsabilità di portare in tutte le Chiese del mondo, la proposta di Chiara. Siamo chiamati a continuare la sua opera.


MOVIMENTI ECCLESIALI E NUOVE COMUNITA’

Prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio

Chiara mi ha insegnato la dignità del carisma, il suo valore, che è la cosa più preziosa che abbiamo. Chiara è di tutti: è della Chiesa, è anche della gente di altre religioni, Chiara è del mondo, perché è stata di Gesù. Ora che è in silenzio dobbiamo imparare ad ascoltarla meglio e la potremo ascoltare solo se faremo unità tra di noi.

Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale

Penso che Chiara sia stata accolta con tanta gioia in cielo e che il suo carisma di unità, di amore, di comunione sia una grande luce per la Chiesa, per tanti vescovi e sacerdoti. Abbiamo sempre trovato in lei un grande amore di comunione. Dio ci ha unito molto fortemente. Adesso preghiamo la Santa Vergine Maria, perché l’accolga, interceda e possa entrare nel cielo piena di gioia. Penso anche che adesso i focolarini riceveranno un appoggio più grande dal cielo.

Don Julian Carron, successore di don Giussani alla guida della Fraternità di Comunione e Liberazione

Ricordo i lunghi anni di amicizia con don Giussani che parla del suo carisma suscitato per rendere vivo l’avvenimento cristiano come luce che sostiene la speranza

Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del Rinnovamento dello Spirito

L’eredità di Chiara è un’eredità di amore all’insegna di una maternità spirituale di cui tutti noi laici siamo grati. Una testimonianza che non si arresta dinanzi alle sfide della secolarizzazione e delle contrapposizioni culturali, ideologiche e religiose.

Luigi Alici, presidente nazionale dell’Azione Cattolica

Chiara sottolineava come la sua scelta fosse giunta durante una riunione che l’Azione cattolica italiana teneva, proprio a Loreto, in quegli anni difficili della fine della guerra e del dopoguerra. L’Ac si stringe ai fratelli e sorelle del Movimento dei Focolari”, con “tutto l’affetto e la spirituale vicinanza che nasce dalle medesime radici e dalla stessa scelta di camminare con il Vangelo per le strade del mondo. Con Chiara Lubich scompare una delle grandi figure del cristianesimo contemporaneo. Resta il suo sorriso. Restano le sue parole che sono state di sprone a moltissimi cristiani e non cristiani”.

Andrea Olivero, presidente ACLI

Una grande testimone di Cristo. Un volto femminile della Chiesa, luminoso e intrepido”. Le Acli condividono con gli amici del movimento dei Focolari il dolore di queste ore per il distacco, ma insieme la serena gioia per il passaggio di una grande testimone di Cristo alla vita piena del Paradiso”. Chiara Lubich ci ha insegnato a scommettere sempre sul dialogo. Ci ha insegnato a spenderci sempre per l'unità della famiglia umana, legata da vincoli di interdipendenza e fraternità. Ha mostrato la forza della mitezza nella costruzione della fraternità tra le religioni, della giustizia economica e sociale e della pace tra i popoli.

Paolo Ramonda, successore di don Benzi alla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII

Esprimo gratitudine per l’amore agli altri movimenti, associazioni e nuove comunità di cui Chiara è stata trascinatrice instancabile di comunione.

Carlo Casini, fondatore del Movimento per la Vita

Chiara è stata la “levatrice” del nostro movimento e si pone come modello di un genio femminile che ha saputo guidare in nome dell’unità un grande rinnovamento nelle religioni, nella Chiesa e nella società.

Jean Vanier, fondatore de L’Arche

Occorre ora che ognuno diventi “un’altra lei”. Ogni passaggio di un fondatore richiede ai membri di prolungarne il carisma.

Gérard Testard, presidente Fondacio

Chiara è un’icona dell’unità, della comunione.

MONDO ECUMENICO

Rev. Dr. Samuel Kobia, Segretario generale della Consiglio mondiale delle Chiese

Il nostro amore per Chiara e l’immensa gratitudine per il dono di Dio che lei ha rappresentato per il movimento ecumenico continueranno a motivare ed ispirare il nostro lavoro per l’unità visibile della Chiesa. Chiara ha avuto un profondo impatto nel movimento ecumenico ed ha aiutato in maniera significativa a favorire le relazioni tra le chiese delle differenti tradizioni cristiane. Nulla ha il potere di separare Chiara Lubich dall’amore di Dio in Cristo Gesù e se le nostre sorelle e i nostri fratelli del Focolare continueranno ad avere tra loro la presenza di Gesù, essi continueranno a sperimentare l’energia del Carisma che Chiara ha dato loro.

Georges Lemopoulos, Segretario Generale aggiunto Consiglio Ecumenico delle Chiese

Chiara vivrà finché terremo accesa la fiamma della sua passione per l’unità. Non vi indirizzo un messaggio di condoglianze ma una parola di speranza ‘Coraggio! Ho vinto il mondo.’ Che la sua memoria sia eterna.

Pastore Jean Arnold de Clermont, Presidente della Conferenza delle Chiese Europee (CEC) e della Fed. Protestante Francia

Le siamo riconoscenti per la sua testimonianza e il suo contributo al movimento ecumenico in Europa.

Frère Alois, priore della Comunità di Taizé e successore di fr. Roger Shutz

Per lunghi anni Roger Shutz e Chiara hanno avuto una relazione di profonda comunione per la comune vocazione all’unità. Rendiamo grazie a Dio per la sua vita che è una luce per noi e questa luce rimane tra noi.

Ruedi Reich, presidente Chiesa Evangelica-riformata del cantone di Zurigo, Svizzera

Chiara Lubich ha suscitato un movimento importante anche per la Chiesa riformata. Quando la incontrai personalmente sperimentai una presenza e un’irradiazione fuori dal comune.

EBREI

Rabbino David Rosen, Presidente IJCIC (Comitato ebraico internazionnale per la Consulta interreligiosa)

Rendo grazie per l’immensa benedizione della sua vita per tutto il mondo, per il movimento da lei fondato e che tocca milioni di persone di ogni fede. Il suo testamento è una delle più grandi benedizioni del nostro tempo.

Rabbino Ron Kronish, direttore del Consiglio di coordinamento interreligioso d’Israele (ICCI)

Chiara era una scintilla di speranza una sorgente di riconciliazione, una leader che ha creduto profondamente nella pace e nella fratellanza fra i popoli

Amos Luzzatto, ex Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Uno spirito eccezionale nel mondo del Dialogo, ed ora gli spiriti dialoganti sono sempre più indispensabili.

Lisa Palmieri – Anti-difamation League - Vice Presidente WCRP Europa

Chiara era imbevuta di ispirazione divina insegnandoci che solo l’amore può guarire questo mondo sofferente. La sua energia continua ad espandersi, facendoci avvicinare alla ‘guarigione’. Che il suo nome sia una benedizione per tutta l’umanità.

ALTRE RELIGIONI

Rev. Yoshinobu Miyake, Segretario generale del Summit dei Leader religiosi (scintoista)

Chiara Lubich è il modello per i leaders religiosi di tutto il mondo. Ha costruito la pace per il bene di persone emarginate e sofferenti. E’ stata una pioniera che ha facilitato il dialogo e la cooperazione tra le diverse religioni.

Jehangir Sarosh, presidente per l’Europa della Conferenza mondiale delle religioni per la pace (WCRP)

Il dono più grande che Chiara ha fatto all’umanità è il popolo del Focolare. La potenza del sorriso autentico trascende le diversità e ci unisce in uno.

--Musulmani

Imam Hossein Fatimi, teologo islamico e docente universitario, Afghanistan

Una preghiera per la mia sorella Chiara: “O Dio: dona alla nostra sorella Chiara salute e sicurezza ed un più bel futuro. L’affido nella Tua mano. O Tu che sei l’Ogni-Misericordioso ed l’Ogni-Benigno”.

Imam Muhammad Shakoor, Dallas, Texas

E’ stata una benedizione per noi conoscere Chiara e la sua bellissima opera. Noi come Musulmani saremo sempre uniti con il Movimento dei Focolari.

Imam comunità islamiche di Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Toscana

Chiara Lubich ci lascia una grande eredità che bisogna assolutamente onorare e portare avanti, continuando a lavorare insieme, come una sola famiglia, per compiere il disegno della fratellanza universale e donare all’umanità l’amore, di cui lei è stata un autentico esempio.

Dr. Aziz Shehu, Skopje (Macedonia)

Sono grato a Dio di essere una delle decine di milioni di persone nel mondo che seguono il suo ideale di unità e di amore. Così sono diventato l’uomo più ricco del mondo.

--Buddisti

Nichiko Niwano, presidente del movimento Rissho Kosei Kai, Giappone

“Apostoli del dialogo” Questa parola simboleggia il cammino di Chiara e dei membri del Focolare. Lei ha dedicato tutta la sua vita alla realizzazione dell’amore e dell’unità attraverso il dialogo in seno alla Chiesa, il dialogo con le altre chiese e con le altre religioni. Tutta la sua vita è stata essere un’altra Maria, un modello per le persone di ogni religione. Penso che sia proprio il disegno di Dio Buddha l’incontrarsi in quest’epoca dei nostri due Movimenti, imparare e collaborare reciprocamente.

Rev. Keishi Miyamoto, presidente del Consiglio Myochikai, Giappone

La sua eredità rimarrà per sempre.

Rev. Nissho Takeuchi e Rev. Shokei Steffens della Nihiren-shu, Giappone

Chiara Lubich è una madre, modello d’amore per il mondo intero.

Ajahn Thong, abate del Tempio Buddista di Chiang Mai, Thailandia

Chiara ha acceso una luce per tutti in questo mondo tutto oscuro.

--Indù

Didi Talwalkar, presidente Movimento Swadyaya, India

Non facciamo condoglianze perché sentiamo nel cuore lo stesso dolore, siamo veramente una famiglia.

Ela Gandhi, pronipote del Mahatma Gandhi

In questo momento le mie preghiere sono tutte per Chiara e i membri dei Focolari. Dio vi benedica.

Anantanand Rambachan, docente presso il St. Olaf College, USA

L’unità delle religioni mondiali era cara al suo cuore. La sua partenza fortifica ciascuno di noi a impegnarsi per questo stesso scopo.

venerdì 14 marzo 2008

Chiara Lubich concluso viaggio terreno

Chiara Lubich concluso viaggio terreno


In un clima sereno, di preghiera e di intensa commozione, Chiara Lubich ha concluso a 88 anni il suo viaggio terreno questa notte, 14 marzo 2008, alle ore 2 nella sua abitazione di Rocca di Papa (Roma), dove in nottata di ieri era rientrata per sua espressa volontà dopo il ricovero al Policlinico Gemelli.

Per tutta la giornata, ieri, centinaia di persone – parenti, stretti collaboratori e suoi figli spirituali – sono passati nella sua stanza, per rivolgerle l’ultimo saluto, per poi fermarsi in raccoglimento nell’attigua cappella, sostando poi a lungo attorno alla casa in preghiera. Una ininterrotta e spontanea processione. A taluni Chiara ha potuto anche fare cenni d’intesa, nonostante l’estrema debolezza.

Continuano a giungere dal mondo intero messaggi di partecipazione e di condivisione da parte di leader religiosi, politici, accademici e civili, e da tanta gente del “suo” popolo.

lunedì 10 marzo 2008

Chiara Luce - Per saperne di più

Bibliografia

Su Chiara Badano è uscita, alla fine di marzo 2000, una fresca ed elegante pubblicazione della Editrice Elledici, nella collana "Eroi", a cura di Mariagrazia Magrini, dal titolo "Una grande avventura: stare al gioco di Dio".

La presentazione è del Vescovo diocesano Mons. Livio Maritano che, insieme all'autrice, ha conosciuto i familiari ed ha avuto tanta parte nel cammino verso la santità di Chiara Badano.

L'autrice tratteggia, in trenta scorrevoli pagine, il "miracolo dell'amore", dell'abbandono totale in Dio, nel più profondo mistero di luce e di grazia. La Magrini con finezza psicologica ha saputo evidenziare i sentimenti e i pensieri profondi della giovane di Sassello, quale esempio da proporre ai giovani, oggi particolarmente bisognosi di figure paradigmatiche.

Il libro di Maria Grazia Magrini su Chiara Luce è stato tradotto in rumeno da Diana Porutiu e pubblicato, col contributo finanziario di enti e società di Bucarest, dall'editrice "New vision media", col titolo "Chiara Luce: o mare aventura: a face jocul lui Dumnezeu".

Nel 2000 è stato pubblicato dalla Editrice Città Nuova il libro di Michele Zanzucchi "Io ho tutto" - I 18 anni di Chiara Badano", tradotto in polacco e in francese.

Nel 2004 è uscito infine, sempre a cura di Mariagrazia Magrini, "Di luce in luce - Chiara Badano" pubblicato dalla Ed. San Paolo.

INDIRIZZI UTILI:

Postulazione della Causa di Beatificazione

c/o Mariagrazia Magrini

P.zza C.L.N. n. 231 bis

10123 Torino - Tel./Fax 011.548.604

mariagrazia.magrini@tin.it



Curia Vescovile

P.zza Duomo, 9 - 15011 Acqui Terme

tel. 0144.322078 - fax 352449



Sito Internet ufficiale: www.chiaralucebadano.it



Per sostenere il Progetto Bénin Chiara Luce Badano,

inviare le offerte al nuovo numero di c.c. 70598958

intestato a: Associazione Luce d'Amore onlus - piazza Duomo 9 - 15011 Acqui Terme

specificando il nome e il numero del progetto: BENIN CHIARA LUCE" n. 02/152



Per un contributo alla rivista "Credere all'Amore"

servirsi del c.c. 21765151 intestato a Associazione Chiara Badano

piazza Duomo 9 - 15011 Acqui Terme (Al)

Chiara Luce - Beatificazione

Chiara Badano verso gli altari

Il processo per la causa di beatificazione di Chiara Badano, la giovane diciottenne laica, nata a Savona il 29 ottobre 1971 e morta a Sassello nel 1990, dopo la chiusura dell'inchiesta diocesana preliminare (iniziata il 7 dicembre 1998), prosegue dal 7 ottobre 2000 presso la Congregazione dei Santi, a Roma.

Il 16 febbraio 2003 L'Osservatore Romano ha pubblicato un articolo sulla Serva di Dio Chiara Badano. L'eco della fama di santità di questa ragazza della Diocesi di Acqui si diffonde a vasto raggio in ogni continente, raggiungendo soprattutto i giovani.

Essi trovano in lei un esempio attuale, una come loro, pur se "straordinaria". Desiderano approfondire la conoscenza e invocano il suo aiuto, con lei vogliono "fidarsi di Dio", di quel Dio Amore a cui Chiara riservò il primo posto nella sua breve vita.

Dall'11 giugno 1999, quando mons. Livio Maritano istituì l'inchiesta diocesana per la beatificazione della Serva di Dio, alla conclusione di detto processo il 21 agosto 2000, e all'apertura della fase romana il 7 ottobre dello stesso anno, la vicepostulatrice sotto la guida del relatore p. Cristoforo Bove, ha portato avanti un lavoro analitico ed impegnativo intorno alla vita e alla fama di santità di Chiara. Gli atti relativi, pubblicati in due volumi per complessive 1400 pagine, sono stati depositati presso la Congregazione per le Cause dei Santi, alla quale compete la responsabilità di valutare quanto esposto. Se sarà riconosciuto eroico il modo con cui Chiara ha praticato le virtù cristiane la Serva di Dio verrà dichiarata Venerabile.

Nel frattempo si sta realizzando un'iniziativa umanitaria nel nome di Chiara Luce Badano a favore dei bambini poveri del Benin, in Africa: è in corso la costruzione di un ospedaletto e di una scuola materna in una parrocchia della diocesi di Cotonou.

Appare significativo il fatto che Chiara, fin da piccola, inviava i suoi risparmi proprio al Benin. Un caso? No, nel disegno di Dio è la realizzazione di un meraviglioso progetto di amore che prosegue tuttora e ci dà l'opportunità di fare del bene.

Per cooperare concretamente le offerte possono essere inviate all'Associazione Chiara Badano, piazza Duomo 9, Acqui Terme (Al) - c.c.p. n. 21765151 oppure alla Caritas diocesana, c.c.p. n. 11582152 o ancora al Servizio Diocesano Terzo Mondo via Arcivescovado 12 - 10121 Torino - c.c.p. n. 29166105. Va specificata la causale dell'offerta: Progetto Benin - Chiara Luce n. 154.

Per ulteriori informazioni, richieste di materiale sulla Serva di Dio o relazioni di grazie ricevute, si prega di rivolgersi alla Postulazione, presso Mons. Livio Maritano e Maria Grazia Magrini, piazza C.L.N. 231 bis - 10123 Torino, tel./fax 011.548604 - e-mail: mariagrazia.magrini@tin.it.

E' grande il dono che il Signore concede alla Chiesa di Acqui attraverso queste figure esemplari. Cooperiamo con i nostri Pastori affinché tali "raggi di luce" illuminino il cammino quotidiano di noi tutti.

sabato 26 gennaio 2008

Preghiera


O Padre, principio di ogni bene,
che per i meriti del tuo Figlio Gesù
susciti meraviglie di bontà
in coloro che si affidano al tuo amore,
ti rendiamo grazie
per la testimonianza cristiana di Chiara Badano.
Animata dall’ardore del tuo Spirito,
ha trovato nell’unione con Gesù la luce
per riconoscere nell’amore l’ideale di vita,
e la forza di compiere,
in filiale abbandono alla tua volontà,
l’offerta della sua giovinezza
per il bene della Chiesa.
Se è conforme al tuo disegno che
che l’esempio della Serva di Dio
venga proposto alla venerazione dei fedeli,
concedici, ti preghiamo, la grazia…
per l’esaltazione della tua benevolenza
di Padre.
Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore.
Amen

+ Livio Maritano

Chiara Luce - Una grande avventura: stare al gioco di Dio (prima parte)

La nascita tanto attesa
Chiara Luce nasce il 29 ottobre 1971 a Sassello, un paesello grazioso, nell’entroterra ligure, che non è ancora montagna, ma già troppo lontano dalla città. Se cercate un luogo "di provincia", prendete Sassello, con i funghi, gli amaretti e i castagni.
Chiara è figlia unica di Ruggero Badano, camionista e di Maria Teresa Caviglia, operaia. I suoi genitori erano sposati da undici anni, senza riuscire ad avere figli. È facile immaginare la dirompente felicità provocata da quella nascita. Il suo arrivo viene ritenuto una grazia della Madonna delle Rocche, alla quale il papà è ricorso in preghiera umile e fiduciosa. "Pur nella gioia immensa, comprendemmo subito - racconta la madre - che non era solo figlia nostra, ma che era prima di tutto figlia di Dio". Lui: poche parole, ma una fede solida, severo ma con un che di dolce nello sguardo. Lei: affabile ed estroversa, con la figlia ebbe un rapporto di verità e confidenza.

Qualcosa di molto importante
Un episodio lo racconta ancora Maria Teresa: "Un pomeriggio la bambina giunge a casa con una bella mela rossa. Le chiedo da dove provenga. Chiara mi risponde che l’ha presa dalla vicina, Gianna del mulino … senza chiederle il permesso. Le spiego allora che deve domandarle le cose prima di prenderle, e che perciò deve immediatamente riportarla indietro, chiedendo scusa. Ma lei non vuole, si vergogna e si impunta. Le spiego allora che è molto più importante dire la verità che mangiare una buona mela. Chiara torna dalla fruttivendola e le spiega tutto. La sera, quella donna porta una cesta di mele per Chiara, "perché oggi ha imparato qualcosa di molto importante".

Quell'incontro a 9 anni
Chiara manifesta un carattere generoso. In un compito di prima elementare, scrivendo a Gesù Bambino, non chiede giocattoli, ma:"Fa guarire nonna Gilda e tutte le persone che non stanno bene". È conciliante, anche se sa bene il fatto suo, e talvolta si scontra coi genitori. Ma la frattura dura lo spazio di qualche istante. Cose piccole, ma significative: la mamma le propone di sparecchiare. "No, non mi va". Arriva alla cameretta, poi torna in dietro e fa: "Com’è quella storia del Vangelo, dei due operai che devono andare nella vigna, e uno dice di sì e non ci va, e l’altro dice di no ... Mamma, mettimi il grembiulino". E sparecchia.
Storielle come queste attestano come riceva una solida educazione cristiana, grazie anche alla comunità parrocchiale, al parroco che impartisce affascinanti lezioni di catechismo, alle solide amicizie che Chiara costruisce. Ha un debole per le persone anziane, che cerca di aiutare.
Ha nove anni quando avviene l’incontro fondamentale della sua vita, quello con l’ideale dell’unità, in un incontro delle giovanissime dei Movimento dei Focolari, le Gen 3, nel settembre 1980. Da allora, in modo particolare, la sua vita è tutta in ascesa, una ricerca di "mettere Dio al primo posto", confermato dall’adesione allo stesso spirito dei genitori, ad un grande meeting di famiglie, il Familyfest 1981. Dice sua madre: "Tornati a casa dicevamo che, se ci avessero chiesto quando ci eravamo sposati, avremmo risposto: Quando abbiamo incontrato quest’ideale". Da quel momento la famiglia Badano sarà un esempio di rispetto, calore e unità.
In questo periodo, la sera prima di dormire, scrive alcuni semplicissimi fioretti. Eccone uno: "Una compagna ha la scarlattina, e tutti hanno paura di visitarla. D’accordo con i miei genitori penso di portarle i compiti, perché non si senta sola".

Sport, affetti e ... un viaggio decisivo
Sant’Agostino ripete spesso che "l’amore rende belli". Chiara è in effetti rivestita della bellezza evangelica, anche se già di per sé appare molto carina, una bella ragazza. Le foto ce la presentano sin dall’infanzia come volitiva, con un carattere ben stagliato. Ma in quel volto delicato, ciò che attira è il suo sguardo, non remissivo né aggressivo. Limpido e basta. Anche nelle foto dell’adolescenza, quando qualche brufolo di troppo le sporca un po’ il bell’ovale.
L’adolescenza ce la presenta nella normalità più assoluta. È in questo periodo più movimentato che avviene il trasferimento a Savona, nel 1985, per gli studi al liceo classico che, a dire il vero, conosceranno qualche difficoltà, nonostante l’impegno. Viene bocciata in quarta ginnasio, e questo la fa soffrire parecchio.
Coi genitori qualche incomprensione emerge, anche se l’affetto è più forte, e non di rado si giunge a compromessi accettabili dalle due parti, come ad esempio sugli orari di uscita serali. In effetti, soprattutto nei week-end a Sassello, a Chiara piace rimanere la sera con gli amici al bar.
"Aveva un grosso supporto umano, - dice Chicca Coriasco, sua confidente -; ma amava anche vestirsi con proprietà, pettinarsi con cura e qualche volta truccarsi un poco, però mai con lusso".
Piace, e sa farsi apprezzare: è sempre circondata di amici e amiche. È una grande sportiva: tennis, nuoto, montagna. Non sa stare ferma, vorrebbe fare la hostess. Le piace un mondo ballare e cantare. Tanti le vanno dietro, mentre lei ama sognare. Ogni tanto dice all’amica, guardando un ragazzo: "Quello mi piace". Ma niente di più.
Nell’estate 1988, un passaggio clou. Appena saputo di essere stata rimandata in matematica, accompagna a Roma delle bambine, delle Gen 4, per un congresso. Ha il cuore grosso per essere stata rimandata, ma non si tira indietro. Scrive ai genitori: "È giunto un momento molto importante: quello dell’incontro con Gesù abbandonato. Abbracciarlo non è stato facile; ma Chiara questa mattina ha spiegato alle Gen 4 che egli deve essere il loro sposo".
Chiara Lubich, con cui intratterrà una fitta corrispondenza, ma soprattutto un rapporto vitale, intensissimo, fino all’ultimo, quando dirà: "Debbo tutto a Dio e a Chiara". A lei più tardi chiese un "nome nuovo". "Chiara Luce", fu la risposta.



da un articolo di Michele Zanzucchi - Città Nuova

Chiara Luce - Una grande avventura: stare al gioco di Dio (seconda parte)

Il verdetto improvviso
Prosegue gli studi al Liceo classico, poi a 17 anni, l’imprevedibile. Giocando a tennis, avverte un lancinante spasimo alla spalla sinistra. Dapprima non ci fa caso, come i medici. Ma le ricadute spingono ad approfondire le ricerche. Dopo dolorosi esami ed inutili interventi il verdetto: sarcoma osteogenico con metastasi, una delle forme tumorali più gravi e dolorose. Chiara Luce subito rimane assorta in silenzio, ma dopo dalle sue labbra esce il sì alla volontà di Dio, nell’amore al suo "Gesù abbandonato". Senza pianti né ribellioni, accoglie la notizia con coraggio: "Ce la farò, sono giovane", dice. Non perderà mai il suo luminoso sorriso e, mano nella mano con i genitori affronta cure dolorosissime e trascina nello stesso Amore chi l’avvicina. Papà Ruggero dice: "Avevamo la certezza che Gesù era in mezzo a noi. Lui ci dava la forza". Inizia un calvario che durerà circa tre anni e un profondo cambiamento, una rapida scalata alla santità.
Iniziano i ricoveri, e lei si distingue per l’altruismo. Si prende cura di una ragazza tossicodipendente, gravemente depressa, trascurando il riposo e accompagnandola dovunque, alzandosi dal letto nonostante il dolore che le provoca il grosso callo osseo che ha sulla schiena: "Avrò tempo dopo per dormire", dice.
Il filosofo Cioran si chiedeva: "Si è mai visto un santo gioioso?". Chiara Luce lo è, perché Gesù diventa sempre più suo "sposo". Scrive: "Questo male Gesù me lo ha mandato al momento giusto". È in ospedale a Torino. "All’inizio abbiamo l’impressione di andarla a trovare per sostenerla - dice un Gen -. Ma ben presto capiamo che non possiamo più fare a meno di lei, come attratti da una calamita".
Il decorso della malattia è impietoso, ma Chiara Luce cerca di condurre una vita normale e gioiosa. Uno dei medici, Antonio Delogu dice: "Dimostra col suo sorriso, con i suoi grandi occhi luminosi, che la morte non è, solo la vita è". Subirà due operazioni dolorosissime. La chemioterapia le fa cadere i capelli, a cui tiene moltissimo. A ogni ciocca di capelli che perde, ripete un semplice ma intenso: "Per te, Gesù". I genitori, sempre presenti, le ricordano che sotto quelle sofferenze si coglie un misterioso disegno di Dio. E Chiara Luce si rimette nell’amore. Così, ad un amico che parte per una missione umanitaria in Africa, consegna i suoi risparmi: "A me non servono, io ho tutto".

Niente morfina: "Voglio dividere ancora per un po' con Lui la croce"
Esiste una registrazione di questo periodo in cui Chiara Luce racconta di una dolorosa visita medica: "Quando i sanitari hanno iniziato a fare questo piccolissimo intervento, però fastidioso, è arrivata una persona, una signora, con un sorriso luminosissimo, bellissima: mi s’è avvicinata, mi ha preso la mano e mi ha infuso coraggio. Com’è arrivata, è sparita: non l’ho più vista. Ma sono stata invasa da una gioia grandissima, e m’è scomparsa la paura. Ecco, in quell’occasione ho capito che, se fossimo sempre pronti a tutto, quanti segni Dio ci manderebbe".
Il male avanza e i dolori aumentano. Non un lamento; sulle sue labbra: "Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io". Perde l’uso delle gambe. Dice: "Se dovessi scegliere tra camminare o andare in paradiso, sceglierei quest’ultima possibilità". L’ultima tac non lascia speranza. E giunge il momento della prova, intensa. Ma non si arrende, anche con l’aiuto di Chiara Lubich che le scrive: "Dio ti ama immensamente e vuole penetrare nell’intimo della tua anima e farti sperimentare gocce di cielo".
Rifiuta la morfina: "Toglie la lucidità, e io posso solo offrire il dolore a Gesù, perché voglio dividere ancora per un po’ con lui la croce". Dona tutto per la Chiesa, la diocesi, i giovani, i lontani, il Movimento, le missioni, ... rimanendo serena e forte, convinta che "il dolore abbracciato rende liberi". Ripete: "Non ho più niente, ma ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare".
Chiara Luce appare ormai adulta. Le scrive un medico, Fabio De Marzi: "Non sono abituato a vedere dei giovani come te. Ho sempre pensato alla tua età come al tempo delle grandi emozioni, delle intense gioie, degli ampi entusiasmi. Mi hai insegnato che è anche l’età d’una maturità assoluta".
La sua cameretta, nell’ospedale Regina Margherita a Torino e a casa, è luogo di incontro, di apostolato, di unità: è la sua chiesa. Anche i medici, talvolta non praticanti, rimangono sconvolti dalla pace che aleggia intorno a lei, ed alcuni si riavvicinano a Dio. Ancor oggi la ricordano, ne parlano e la invocano.
Diceva agli amici: "Voi non potete immaginare qual è ora il mio rapporto con Gesù. Avverto che Dio mi chiede qualcosa di più, di più grande. Forse potrei restare su questo letto per anni, non lo so. A me interessa solo la volontà dì Dio, fare bene quella nell’attimo presente: stare al gioco di Dio". E ancora: "Ero troppo assorbita da tante ambizioni, progetti e chissà cosa. Ora mi sembrano cose insignificanti, futili e passeggere. Ora mi sento avvolta in uno splendido disegno che a poco a poco mi si svela. Se ora mi chiedessero se voglio camminare (l’intervento la rese paralizzata con dolorosissime e continue contrazioni alle gambe), direi di no, perché così sono più vicina a Gesù".
Alla mamma preoccupata continua a ripetere: "Fidati di Dio, poi hai fatto tutto"; e "Quando io non ci sarò più, segui Dio e troverai la forza di andare avanti".
A chi la va a trovare esprime i suoi ideali, mettendo gli altri sempre al primo posto. Al "suo" vescovo, mons. Livio Maritano, mostra un affetto particolarissimo; nei loro ultimi, brevi ma intensi incontri, un’atmosfera soprannaturale li avvolge: nell’Amore diventano una cosa sola; sono Chiesa!

Quella luce negli occhi da dove viene?
19 luglio 1989: un’emorragia terribile. Viene salvata in extremis. Dirà: "Non versate lacrime per me. Io vado da Gesù. Al mio funerale non voglio gente che pianga, ma che canti forte".
Altre cure, in fleboclisi: "Cos’è questa goccia che cade nei confronti dei chiodi nelle mani di Gesù?". E accompagna ogni goccia con un: "Per te". Riceve la visita del cardinale Saldarini, che le chiede: "Hai degli occhi stupendi, una luce meravigliosa. Da dove ti viene?". E lei: "Cerco di amare tanto Gesù".
Talvolta, cosa insolita, chiede ai genitori di non far entrare nella sua stanzetta gli amici. Un giorno si spiega: "Non era segno di minor affetto o di tristezza. Anzi. Era che faticavo a scendere dal punto in cui abitavo e poi risalirvi". E "aria di paradiso" sperimentano coloro che le sono accanto. Scrive agli amici: "Un altro mondo m’attendeva e non mi restava che abbandonarmi. Ma ora mi sento avvolta in uno splendido disegno che a poco a poco mi si svela".

La festa di nozze
Lei, soprannominata Luce da Chiara Lubich, con la quale ha un intenso e filiale rapporto epistolare fin da piccina, ora è veramente luce per tutti e presto sarà nella Luce. Non ha paura di morire e non l’ha mai avuta. Aveva detto alla mamma uno degli ultimi giorni: "Non chiedo più a Gesù di venire a prendermi per portarmi in Paradiso, perché voglio ancora offrirgli il mio dolore, per dividere con lui ancora per un po’ la croce".
Ormai sicura della sua sorte, che d’altronde non vuole cambiare (non desidera chiedere la sua guarigione, quanto di essere capace di fare la volontà di Dio). Chiara si prepara all’incontro: "È lo Sposo che viene a trovarmi" e prepara con la madre la "festa di nozze", cioè il funerale. Lei stessa spiega come confezionare l’abito, sceglie musiche, fiori, canti e letture: "Mentre mi preparerai, mamma, dovrai ripetere: ‘Ora Chiara Luce vede Gesù’".
"Le espressioni di questo periodo - sostiene Maria Grazia Magrini, colei che sta raccogliendo il materiale su Chiara Luce per il "processo di beatificazione" - assomigliano tanto a quello di santa Teresina del Bambino Gesù". Come una delle ultime: "Bisogna saper morire a colpi di spillo per saper poi morire di spada".
Ricevendo per l’ultima volta Gesù Eucaristia appare immersa in Lui e supplica che le venga recitata "quella preghiera: Vieni, Spirito Santo, manda a noi dal Cielo un raggio della tua luce".
Finché arriva l’incontro col suo "sposo". Accanto a lei il padre e la madre. Fuori dalla porta, gli amici. C’è pace, quasi naturalezza. E il suo Sposo viene a prenderla all’alba di domenica 7 ottobre 1990, quattro del mattino, dopo una notte molto provata. È il giorno della Vergine del Rosario. Queste le ultime parole: "Mamma, sii felice, perché io lo sono. Ciao". Ultimo dono, le cornee; ultimo messaggio alla gioventù: "I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene".
Al funerale assistono duemila persone. Anche chi non crede vuole esserci. I commenti parlano di paradiso, di gioia, di scelta di Dio indotta da quella di Chiara Luce. Dice il vescovo Maritano nella sua omelia: "Ecco il frutto della famiglia cristiana, d’una comunità di cristiani, il risultato di un movimento che vive l’amore scambievole e ha Gesù in mezzo".

Alcuni pensieri di Chiara Luce
"È stata una notte terribile, ma non ho sprecato un solo momento, perché ho offerto tutto a Gesù".

"A me interessa solo la volontà di Dio. Fare bene quella, nell’attimo presente: stare al gioco di Dio".

"Chi rinuncia alla libertà per raggiungere la sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza

"Ho riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce. Ho scoperto che non ero una cristiana autentica perché non lo vivevo sino in fondo. Ora voglio fare di questo magnifico libro il mio unico scopo. Non voglio e non posso rimanere analfabeta di un così straordinario messaggio. Come per me è facile imparare l’alfabeto, così deve essere anche vivere il Vangelo".

Hanno detto di Chiara Luce
Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari: "Chiara Luce! Quanta luce si legge sul suo volto, quanta luce nelle sue parole, nelle sue lettere, nella sua vita tutta protesa ad amare concretamente tanti! ... Scelta radicale di Gesù crocefisso e abbandonato, la sua; scelta di ciò che fa male e che, se non si ama, può trascinare lo spirito in una galleria oscura. Con Lui ha vissuto, con Lui ha trasformato la sua passione in un canto nuziale".

Mons. Livio Maritano, vescovo di Acqui Terme, promotore della causa di beatificazione: "La sua è una testimonianza significativa in particolare per i giovani. Basta considerare come ha vissuto la malattia, vedere l’eco suscitata dalla sua morte. Non si poteva lasciar cadere un esempio di questa portata. C’è bisogno di santità anche oggi. C’è bisogno di aiutare a trovare un orientamento, uno scopo alla vita, aiutare i giovani a superare le loro insicurezze, la loro solitudine, i loro enigmi di fronte agli insuccessi, al dolore, alla morte. I discorsi teorici non li conquistano, ci vuole la testimonianza. Nei colloqui con lei notavo una maturità di gran lunga superiore alle giovani della sua età. Aveva colto l’essenziale del cristianesimo: Dio al primo posto; Gesù, con cui aveva un rapporto spontaneo, fraterno; Maria come esempio; la centralità dell’amore; la responsabilità di annunciare il Vangelo. Tutto questo, collaudato dall’esperienza della sofferenza e della morte, non temuta ma attesa, ha reso la sua vicenda veramente singolare".

da un articolo di Michele Zanzucchi - Città Nuova

martedì 22 gennaio 2008

Preghiera



Eterno Padre,
hai acceso del Tuo Amore
il cuore di Igino
e ne hai dilatato l'anima
sulla chiesa e sull'umanità intera;

Lo hai reso testimone credibile
del Vangelo,
uomo della pace e
della fraternità universale;

gli hai donato un amore
filiale di Maria, da lui scelta
a modello di umiltà e via di santità;

ora concedici, se è Tua volontà,
la grazia che ti chiediamo
per sua intercessione...


+ Giuseppe Matarrese vesc. tusc.
10 giugno 2005

lunedì 21 gennaio 2008

Andiamo a far visita a Gesù...

Riceviamo e pubblichiamo

All’ultimo incontro abbiamo letto il messaggio di Chiara sul giornale GEN 3..."Gesù vuole tornare attraverso di noi"...”Gesù è venuto ‘a morire per la propria gente’”. Siamo rimaste colpitissime da queste parole: la vita al servizio del prossimo: ma - ci siamo chieste - chi è il nostro prossimo? Già la settimana scorsa c'eravamo lasciate con l'idea di andare a trovare una vecchietta che abita di fronte alla casa di una di noi, che ha 91 anni ma è ancora ‘giovanissima’ dentro. Così abbiamo pensato di inserire nel programma di oggi questa "visita a Gesù in quella vecchietta". Le abbiamo preparato un cestino con delle caramelle, biscottini e torroncini. Una gen3 le ha messo anche un fiorellino per abbellirlo. Così, dopo aver finito di leggere il messaggio di Chiara, siamo andate a trovarla. Appena ci ha visto alla porta era già contentissima; siamo entrate in casa e lei ci ha detto "Ma non ho niente da offrirvi"; noi, allora, le abbiamo risposto: “Offrici la tua compagnia..." Poi le abbiamo raccontato alcune esperienze fatte a scuola, abbiamo cantato per lei e recitato alcune poesie... Anche lei ha voluto ricambiare il nostro amore raccontandoci la sua giovinezza; è stato bellissimo e non avremmo più voluto andare via. Alla fine le abbiamo dato un bigliettino con su scritto: "Solo per un dono immenso di Dio Padre venne tra noi Colui che è la luce vera, viene per colmare il cuore dell'uomo, viene e rimane con noi per illuminare la nostra vita col Suo amore...”. Siamo ripartite col cuore felice, felice!!

Un pò di storia


Il Movimento Ragazzi per l’unità è nato nella Pasqua del 1984 allo scopo di coinvolgere il maggior numero di ragazzi possibile ad un progetto: costruire il mondo unito. 
Per arrivare a questa meta realizzano le più varie iniziative percorrendo quelli che hanno chiamato “sentieri per l’unità”. 

Organizzano incontri, giornate e assemblee nelle scuole per far conoscere a tanti ragazzi il loro stile di vita; si servono di complessi musicali, canzoni e rappresentazioni artistiche per comunicare messaggi di pace e di unità; intraprendono gare sportive, giochi e attività ricreative che, oltre a mantenere l’integrità fisica, servano a costruire rapporti nuovi; danno vita ad azioni ecologiche; animano marce per la pace, sono protagonisti di azioni locali e mondiali per realizzarla.

Vivono e diffondono una nuova cultura quella del dare e del condividere. Danno vita ad una comunione dei beni mondiale nella quale, come in una grande famiglia planetaria, chi ha di più lo mette in comune con chi non ha. 

In 27 Paesi del mondo sostengono 30 “Progetti dare”, microrealizzazioni in favore dei loro coetanei più poveri o che vivono in Paesi in guerra.

Dal 2002 hanno lanciato il progetto “Schoolmates”. Grazie ad un sito internet classi di Paesi diversi corrispondono e condividono culture, tradizioni e iniziative già in atto per costruire il mondo unito. Attraverso un fondo di solidarietà le classi che lo desiderano sostengono borse di studio in favore dei ragazzi dei Paesi più svantaggiati.

L'unione con Dio

Storia di un laico che tende alla santità eroica attraverso il carisma dell’unità

L’unione con Dio
nell’esperienza di Igino Giordani

di Tommaso Sorgi

È una storia avvincente quella di Giordani per la sua personalità poliedrica ed evangelica allo stesso tempo. Scrittore affermato e politico, padre di famiglia e grande conoscitore dei Padri della Chiesa, egli incontrò nel carisma di Chiara Lubich una forma moderna per ridare ai laici il loro posto di protagonisti in seno al popolo di Dio. Con il suo apporto intellettuale e con la sua esperienza di vita ha contribuito perché la santità ritornasse ad essere patrimonio normale di tutte le vocazioni. Per questo la Chiesa ha avviato il suo processo di beatificazione.

Aveva 54 anni di età quando Igino Giordani conobbe Chiara; ed è lecito domandarsi: come aveva vissuto fin’allora il suo essere cristiano? Studiando la storia della sua anima e l’azione che in lui il Padre celeste aveva svolto, troviamo alcuni punti forti, scaturiti da precise letture.

a) La scoperta: chiamato alle armi nella prima guerra mondiale, non sparò mai «per timore di uccidere un figlio di Dio»(1): fu colpito lui (luglio 1916) subendo ferite gravissime. In ospedale, lo attendeva un appuntamento con Dio: gli Scritti religiosi di un laico, poi santificato, lo aiutavano a scoprire che anche in mezzo al mondo si può raggiungere la santità(2). Il giovane Igino (aveva 22 anni) iniziò una ricerca, in cui sarà perseverante per tutta la vita.

b) L’incendio: qualche anno dopo (ottobre 1922) meditò le Lettere di santa Caterina da Siena(3); per amore di lei si fece terziario domenicano; e più tardi dirà: fu «Colei che [per] prima m’incendiò dell’amor di Dio» (Diario di fuoco, 30.4.1963).

c) Il morire in Dio: durante la sua prima esperienza politica (1920-26), conduceva una vita intensa di preghiera e di esercizio ascetico onde migliorarsi in tutte le virtù; il meditare Estasi e lettere di santa Maria Maddalena de’ Pazzi, gli faceva fiorire il desiderio di «avviarsi a quello stato di amore “morto”» da lei indicato per annullarsi nel volere di Dio(4).

d) Monaco nel mondo: studiando san Giovanni Crisostomo per scriverne la biografia (1926-1929), rimaneva colpito dallo «struggente desiderio» di lui «che i coniugati vivessero nel mondo come i monaci, con in meno il celibato»(5); e se ne faceva un segreto ideale personale.

Innamorato di Dio
Considerava la cultura, l’impegno politico, la famiglia quali realtà fiorenti in seno alla Chiesa, quelle e questa da lui vissute come sacerdozio regale per testimoniare la sua fede d’amore a Dio («la fede è un fuoco», dichiarava(6) e il suo servizio d’amore all’uomo.
Nel 1941 iniziava un diario dell’anima, ch’egli penserà d’intitolare Dall’Io a Dio(7), ma pubblicato poi come Diario di fuoco. (In seguito verrà citato con la sigla Ddf).
Vi troviamo questi slanci: desiderio di avere «l’anima invasa dall’amor di Dio»; l’ansia di «umiltà e carità, servire tutti, sentirsi inferiore a tutti»; la volontà di «concrocifiggersi con Gesù» (1 e 2.5.1941). Avvertiva nel suo intimo una più viva tensione alla santità: «Infine, quel che conta è una cosa sola: farsi santi»; e cercava di raggiungere tale meta, ricordando a se stesso che «il santo è un cristiano con la spina dorsale» (Ddf, 13 e 27.5.1943).

Le difficoltà, i distacchi
Quasi a saggiare la robustezza della sua “spina dorsale”, il Signore lo metteva alla prova nei singoli campi del suo vivere: la cultura, la Chiesa, la politica, la famiglia.
Impegnato nella cultura della Chiesa ad alto livello, fu nominato direttore de Il Quotidiano; ricorsero dal Papa (Pio XII) contro di lui. Confessava a se stesso: «La esperienza di più amara sorpresa per te, ora, è questa: che nel fare il bene tu sia incompreso dai buoni, che nel difendere la religione tu sia offeso da creature religiose»; ma vi scorgeva una tattica divina: ciò avviene, si diceva, «perché il tuo bene sia tutto tra te e Dio, e non s’interponga lode d’uomo o, peggio, premio in terra» (Ddf, 29.10.1944).
Chiamato a candidarsi alle elezioni politiche, esitava ad accettare e si poneva questo interrogativo: «Può un uomo politico esser santo? Può un santo esser politico?» (Ddf, 6.4.1946). Fu eletto deputato. Dopo pochi mesi nel Diario di fuoco troviamo un’accorata preghiera: «Questo dolore e questa umiliazione servano a demolire la sovrastruttura della vanità e a rimettermi, anima nuda, di fronte a Te, Signore» (Ddf, 29.4.1947).
Cos’era successo? Il giorno prima era stato costretto a dimettersi dalla direzione de Il Popolo, giornale della Democrazia cristiana, per divergenze col segretario nazionale del partito(8). Nella sua attività di deputato stava trovando difficoltà forse più di quante se ne attendesse, ma comprendeva che erano «l’occasione offerta da Dio per farsi santi… nel fuoco della carità, con la sapienza dell’umiltà» (Ddf, 11.9.1947).
Un posto speciale ebbe, naturalmente, la famiglia. Sposatosi nel 1920, dopo tanti anni di idillio coniugale, Igino nel 1940 cominciava ad avere difficoltà. Nel Diario (2.5.1941) appena appena iniziato, egli grida al Cielo: «Signore, nella mia giornata questa è l’ora di lacerazione della mia carne “ecclesiale”… là dove questa carne nasce, nella famiglia… È la grande prova, in cui tutto quello per cui combattei pare sfasciarsi. Ma io mi sono abbandonato a Te; e checché avvenga, Tu non abbandoni me».
In un libro dell’anno dopo – La società cristiana – si poneva il problema della santità familiare; e sperimentava come per un coniugato fosse «più difficile che a un religioso santificarsi, perché deve santificarsi in due»; poi con i figli il problema «si dilata» e «si complica; ma tant’è, bisogna santificarsi insieme»; e ritiene che la maggiore complessità del problema il laico la risolve «quanto più amore prodiga». Egli parla della famiglia come «comunità di sacrificio, d’amore e di fede», ma insiste sul sacrificio, che «mai manca» e comporta «lacrime copiose»(9).
Perché quel grido al Cielo? I contatti che Igino aveva dal 1940 con un nuovo ordine di suore – le Figlie della Chiesa – facevano dire a sua moglie Mya che il marito sottraeva tempo e affetti a lei e ai figli. Verso la fine degli anni ’40 col suo ingresso nel Movimento dei focolari la “lacerazione” s’accresce; ed ha continue occasioni di vivere il taglio con gli affetti familiari chiesto da Gesù – «chi non lascia…» – e di vivere quel duro sermone di Gesù: «Non sono venuto a portare la pace, ma la spada» entro le mura domestiche (cf Mt 10, 34-39)(10).
Adesso, però, che Igino Giordani ha conosciuto la nuova spiritualità, possiede le risorse interiori per essere “solo donazione”; e può scrivere: «Mai come ora sono stato unito a mia moglie, immagine, come mai, della Chiesa; unito con un rapporto divenuto sacro…» (Ddf, 21.8.1964).
È lo stesso brano del Diario, in cui parla dell’unità da lui raggiunta con Maria, con gli angeli, con i santi, con Dio: «ora sono in Dio». È una “unità” tutta nel soprannaturale.
Tuttavia giunge anche qualche momento (1970) che gli fa confessare: «sono crocifisso»(11). Pare proprio che il Padre gli chieda di vivere in misura eroica il suo vangelo familiare, per giungere ad essere – come ha detto Chiara Lubich – «capostipite di schiere di coniugati» votati radicalmente all’unione con Dio, con l’unico “Sposo”.
Viene spontanea una riflessione: la vita di questo Servo di Dio non fa pensare ad un bel quadro dipinto con morbidi pennelli, ma ad un blocco di marmo modellato con duro scalpello. Erano tutti tagli e distacchi in belle realtà umane, ma tagli necessari per giungere alla unione limpida con Dio.

L’incontro con Chiara
Ritorniamo alla seconda metà degli anni ’40, quando era molto assorbito nell’agire politico.
Lo Spirito lo stimolava a crescite ulteriori, come appare evidente dai soliloqui del Diario di fuoco: esami di coscienza più severi, un insistente valorizzare l’essere incompreso e disprezzato, un soffermarsi a lungo sul paolino «è Cristo che vive in me», un volersi perdere in Cristo: cupio dissolvi et esse cum Christo; e aggiungeva un suo personalissimo pregare: «Signore, prenditi me e dammi Te» (Ddf, 21.12.1947).
Il tutto appare come una preparazione immediata a quell’incontro a cui – dirà egli stesso – la “pedagogia divina”(12) lo stava preparando da tutta la vita: «Stamane a Montecitorio sono stato chiamato da angeli» (Ddf, 17.9.1948).
Tra essi c’era Chiara, una “giovinetta” che parlava «ispirata dallo Spirito Santo». Igino ne fu folgorato, sconvolto, trasformato, avviato ad un cammino di santità, che presentava molte novità.
Il «nuovo»
Le novità ce le espone lui stesso in due capitoli di Memorie di un cristiano ingenuo(13).
Noi possiamo così riepilogarle:
– la sua robusta spiritualità tendenzialmente – ma non esclusivamente – individualistica, ora si dilatava in vita di comunione; 
– la sua volontà tenace, vigorosa, generosa, apprendeva a perdersi davvero nel volere di Dio; 
– l’intellettualismo della ragione s’incendiava e si fondeva nella carità; 
– il suo tenace cammino ascetico imboccava le vie della mistica. 
E ancora: i suoi commossi rapporti con Maria(14) si approfondivano nella contemplazione di Maria desolata; e l’amore al Crocifisso(15) si elevava fino a scoprirlo Abbandonato; ma la novità di base era questa: nella sua anima faceva irruzione una nuovissima presenza dello Spirito Santo: «Mi era sembrato un dogma troppo remoto – egli scrive –; ma ora s’era animato e di colpo era divenuto anima della mia anima… in me era entrato il fuoco»(16). Igino parla di una sua “seconda conversione”.
Un segno eloquente del nuovo cammino di santità lo scorgiamo nell’atto in cui compie la sua privata consacrazione secondo la formula suggeritagli da Chiara: «Gesù voglio essere tuo: tuo come intendi Tu; fa’ di me tutto quello che vuoi» (Ddf, 2.9.1949). 
Ci pare che la chiave stia in quel «tuo come intendi Tu»: soppianta la pur bella pretesa del «cristiano con la spina dorsale», che voleva essere lui a scegliere il “come” andare a Dio. Quella formula sarà la sua quotidiana «consacrazione mattinale», scrive in Diario di fuoco (21.2 e 20.7.1963).
Il “farsi nulla” avanza. Lo costatiamo quando lo sentiamo cantare con accenti che ricordano Teresa d’Avila e Giovanni della Croce: 
«Mi son messo a morire 
e quel che accade non m’importa più; 
ora voglio sparire
nel cuore abbandonato di Gesù...
Mi son messo a morire
a questa morte che non muore più…»
(Ddf, 9.7.1951).
Giordani va acquistando una certa familiarità con la Trinità Santissima, come scorgiamo in una paginetta di qualche anno dopo: è una preghiera o meditazione o colloquio altissimo; ma è anche, in qualche misura, realtà mistica – forse la prima – da lui vissuta per le strade della città:
«Questi passi, affaticati, per tornare a casa, sono la marcia di ritorno alla casa tua, o Padre; … tutte queste pene, si fanno gocce di sangue, del tuo Sangue, o Figlio; e questo anelito di ritorno, questa fame di divino, questo bisogno di santificarsi è partecipazione dei tuoi doni, o Spirito Santo. E così mi trovo in tram o per istrada, e sono nel ciclo tuo, o Trinità Santissima: Tu mi porti in Te, io ti porto in me; e, avviandomi alla morte fisica, cresco in Te, salendo per i valichi dell’ascesa mistica» (Ddf, 19.9.1955).

«Maria in me»
Nell’ottobre di due anni dopo gli viene concessa una esperienza di straordinaria bellezza: «Chi mi dirige – egli scrive – mi spinge verso la croce… Il tracciato che mi indica è Maria: sì che la “via crucis” è la “via Mariae”» (Ddf, 6.10.1957).
Con umiltà totale si incammina per questa duplice “via” e viene a scoprire la grandezza sia dell’“abbandono” del Figlio che della “desolazione” della Madre, fusi in un “unico dramma della Redenzione”.
«Meditando su tale mistero – su tale regalità del dolore – la sera del 1° ottobre, mese sacro a Maria, dopo le preghiere, di colpo l’anima mi fu sgombrata di cose e creature umane; e al loro posto entrò Maria, e con Gesù dissanguato, e tutta la stanza dell’anima fu piena della sua figura di dolore e d’amore. E con Lei in me intesi la frivolità dei miei affetti per cose transeunti. Per 24 ore, Ella stette, come altare che regge la vittima: Virgo altare Christi. La mia anima era la sua stanza: il tempio. Ma, dopo 24 ore, la partecipazione alla sua angoscia e l’amore per Lei fecero come un’unità tra Lei e l’anima, e parve che Lei divenisse la mia anima: non più ospite mia Lei, ma io ospite di Lei; sì che mi venne di dire: “vivo non più io, ma vive Maria in me”. La sua presenza aveva come verginizzato la mia anima, marianizzato la mia persona. L’Io pareva morto e nata al suo posto Maria, … la Tutta bella, la Madre del bell’Amore. E anche questo corpo sofferente m’appariva una sorta di cattedrale, dove Maria con Gesù morto evoca lo Sposo, il quale convoca la Trinità» (Ddf, 6.10.1957).
Così Maria scende in lui portandosi l’intera realtà del Cielo. 
Igino ha appreso dal carisma di Chiara che ora sua vocazione è non solo cantare Maria – come ha fatto prima del 1948 – ma anche e soprattutto imitarla, viverla. Perciò trova un’altra definizione del santo: «Il santo altri non è che un innamorato: innamorato della Deità, riflessa in Maria…, un innamorato della Madonna». 
E poiché non è una definizione teorica, egli sceglie di «perdersi in Lei [per] assumerne la vita… l’umiltà, la purezza, il servizio di Dio… Il santo, uomo o donna, è una copia di Maria» (Ddf, 1.5.1960).

L’«oscuramento di Dio»
Giungere a realizzare tale traguardo è più opera divina che umana. Igino Giordani capisce di potervi riuscire solo accettando con gioia la serie di interventi che il «divino potatore» va compiendo a ripetizione da anni su di lui, onde «ridurre la pianta all’essenziale: una croce» (Ddf, 26.2.1957).
Percorre così un cammino di distacco progressivo dai legami umani: incomprensioni familiari, perdita di notorietà, spegnersi di riconoscimenti politici, letterari e – quel che più lo addolora – perfino ecclesiali.
Ricorre di nuovo alla metafora del ciclo dell’albero: «Osservando con pena questa caduta di fronde (illusioni di fama e potere e amicizie), dall’albero della mia vita, in questo autunno volto all’inverno, mi sono ancora meglio accorto che la solitudine sempre più alta e fitta da cui resto circondato è fatta per un più intenso convegno amoroso con Dio: l’anima trova tempo e agio alfine per intrattenersi con lo Sposo. Ora finalmente posso mettere l’anima ad ascoltare lo Spirito Santo, a convivere con gli angeli e i beati, a unirsi con Gesù: a unirsi con Dio. E Dio è la vita. Ora, via via l’unione si fa costante. Imparo e preparo la vita del Paradiso» (Ddf, 23.6.1958).
Preparazione a «un più intenso convegno amoroso con Dio… con lo Sposo». Per andare pronto a tale convegno lo Spirito lo lavora ancora, e nel più profondo dell’anima, fino a fargli assaporare la notte di Dio. All’inizio del 1960 una sera viene a trovarsi «nell’aridità di un deserto senza un filo d’erba: arrabbiato di sete; pativo l’abbandono universale; non sentivo Dio, l’Amore, e non avevo amore di uomini» (Ddf, 28.1.1960).
Ancora qualche giorno: «Ogni tanto un tuffo. Un tuffo in una voragine nera, dove non si vede più niente, non si sente più voce, e si resta disperatamente soli» (Ddf, 11.2.1960).
Tra giugno e agosto una lunga malattia gli porta sofferenze fisiche e isolamento; e “precipita” di nuovo in un “oscuramento”. Interviene la lettura di una pagina di Teresa del Bambin Gesù, la quale gli spiega: 
«Avanza!… avanza!… Egli ti darà una notte più profonda ancora: la notte del nulla»; lei gli fa capire che quella è «una minuscola notte oscura… uno sbalzo avanti, verso l’unione con Dio» (Ddf, 16.6 e 24.8.1960).

«Inabissato nella contemplazione»
Davvero Igino fa balzi in avanti; e il giorno della festa della vergine senese, può scrivere nel suo Diario: «Parmi oggi d’aver finalmente compiuto il trasloco; il trasloco del mio essere: dall’Io a Dio» (30.4.1963).
Un altro giorno medita la via crucis; la vive e la percorre «come Gesù con lo sguardo al Padre, con la forza dell’amore», fino ad «inabissarsi nella contemplazione di Lui». 
Raggiunge altri momenti mistici: «Ecco, l’immensità di Lui, che si fece uomo, che si fece pane, io la sento nell’intimo della mia anima: in un punto così piccolo da parer inesistente: in una capacità minima. Mi volgo all’interno e L’ascolto: Lo vivo: si stabilisce, nel fondo dell’essere, un colloquio con l’Eterno: Dio in me» (Ddf, 7.8.1963).
E l’anno dopo: «Ora sento che si vola, d’attimo in attimo, verso di Lui irraggiungibile e pur vicino. Vicino sì che già comincio a essere in Lui. Prima, l’unione m’era parsa uno stare con Dio: ora, mi appare unità, che è uno stare in Dio sino a farsi Lui. Si capisce: nelle proporzioni con cui un’anima, figlia di Dio, può unirsi al Padre. Eppure, anche la goccia d’un Oceano è oceano» (Ddf, 21.8.1964).
Ancora un momento di luce altissima: «Lunedì scorso, meditando gl’insegnamenti di San Giovanni della Croce, il Signore… mi fece vedere, in una conca di luce, che io avevo raggiunto l’ideale a cui inutilmente, per anni, tra delusioni e propositi, avevo aspirato… ero prostrato nella nullità – nel Nulla –, cioè avevo ritrovato me stesso con di fronte l’Onnipotente. Di colpo mi si parò innanzi la bellezza della conquista, che poi era nulla più che un dono del Signore: e con la bellezza una pace serena, una gioia verginale s’erano depositate nella mia anima» (Ddf, 30.1.1970).
Le esperienze di intimità soprannaturale si ripetono; possiamo ricordare un profondo momento eucaristico: «Stamane, in chiesa, mi si è fatto un vuoto nello spirito; e Dio l’ha colmato di Sé. Mi son trovato tutto preso in Lui e identificato, quasi… Avevo trovato il tanto ricercato Io per la prima volta: nella inesistenza di me, nell’immersione della mia anima in quella effusione dolce, indefinibile, serena, semplice che era l’emanazione dell’Eucaristia: l’anima divina umana di Cristo» (Ddf, 19.1.1972).
E, due anni prima della partenza per il Cielo, un’altra esperienza d’anima: «Stamane m’è parso d’essermi avvicinato a Dio. Mai, credo, l’avevo sentito più vicino. La mia gioia è stata, ed è, grandissima. Sento d’aver trovato l’accesso libero per andare a Lui. Ora sono in terra e abito in cielo… Sono di Dio. Non mi serve altro» (Ddf, 27.5.1978).

Il fratello «ianua coeli»
La ricerca sempre più radicale del suo stare in Dio egli la manifesta con questa espressione: Solus cum sola. In questo rapporto di Dio solo con la sua anima sola, quale posto Giordani assegna al fratello?
Nella prima pagina del suo Diario di fuoco (1.5.1941) egli dice a se stesso: i fratelli sono «l’immagine di Dio… e tu vedi sensibilmente il Signore in loro».
E non era una riflessione teorica: nella sua partecipazione alla guerra vissuta da pacifista (1915-1916), scorgendo a tiro del suo fucile un soldato austriaco ferito e spaventato, non lo aveva odiato, non gli aveva sparato, perché – scriverà nel 1925 – «mi sono ricordato del logion di Gesù: “vedesti il fratello, vedesti il Signore”»(17).
Nelle stesse pagine iniziali del Diario s’impegna ad “inserirsi” di più nel Corpo mistico, ricordando a se stesso che “tutti” gli uomini sono «riscattati da un unico sangue». Si ammonisce: separarsi dai fratelli è «separarsi da Cristo» (Ddf, 1.5.1941). 
E si esorta: «Mettiti a vivere nella Chiesa… e [anche] gli estranei divengono membra del tuo stesso corpo, spirito del tuo spirito… per essi Cristo si comunica a noi e noi ci comunichiamo a Lui» (Ddf, 15.5.1941).
Appare già ben definita nel suo meditare profondo una realtà, che poi, alla luce del carisma di Chiara, diverrà la base fondamentale del suo vivere, e che chiamerà: «il circuito Dio – il fratello – io».
La nuova vita che comincerà a vivere dopo il settembre 1948, gli permette di raccontare esperienze d’anima di questo genere: il nostro «è un Movimento che ci induce a fare la scalata a Dio in unione, in cordata… Il fratello vale come ianua coeli… Chi ci fa compagnia è il Padre… la comunione c’è se dal fratello si passa al Padre e dal Padre si torna al fratello» (Ddf, 16.10.1959).
E il fratello comincia ad entrare in un parallelo eucaristico: «Dio scende a me per il tramite del pane; io salgo a Lui per il tramite del fratello» (Ddf, 14.4.1960).
Per risalire a Dio dopo momenti di buio Igino scopre una via, di assoluta efficacia, in certi fratelli speciali: i Superiori (scrive con la S maiuscola).
«Di colpo – egli racconta – mi ha rimesso su un podio di luce il contatto coi Superiori. Davvero essi per un’anima consacrata sono il tramite al Paradiso: la congiunzione con Dio… Non ti salvi che annientandoti davanti a Dio, obbedendo ai Superiori, sostituendo alla tua la sua, e la loro volontà… Mi sento ora davvero consacrato: cioè appartenente a Lui». (Ddf, 20.7.1963).
Immerso col suo ardore totalitario nella spiritualità comunitaria dell’unità, il dialogo con Dio gli si è realizzato sempre più nella comunione con i fratelli. Penetra in modo nuovo il senso dell’antico «vedesti il fratello, vedesti il Signore», fino a sentire di trattare veramente con Dio amando il fratello. Ha già sperimentato che più ama questo «più s’inabissa nella contemplazione di Lui» (Ddf, 7.8.1963).
E in un colloquio intimo con Gesù lo ringrazia commosso, perché, gli dice: «Il tuo amore m’ha scoperto i fratelli; me ne ha fatto il viatico per salire sempre di terra in cielo» (Ddf, 8.12.1973).
Dopo che è andato a vivere in focolare (nel 1974; stava per completare l’80° anno di età), egli constata che i fratelli non solo lo fanno salire in Cielo, ma gli danno quaggiù la gioia del Cielo: Giordani vive ora «in continuo contatto con Dio», e canta: «la letizia della giornata viene non da me, ma dai fratelli che incontro…: essi mi danno Dio” (Ddf, 26.1.1976).
La gioia più grande gli viene dallo scoprire in modo nuovo un particolare – sempre da lui ammirato con commossa venerazione – dentro «il giardino della Chiesa: esso è fatto di quei fiori che sono le vergini e i vergini consacrati a Dio. Nei vari aspetti e vesti in cui si presentano compongono una delle visioni di bellezza che dà la presenza di Dio nelle anime» (Ddf, 14.1.1977).
Contempla ancora tale “visione” in un incontro dei focolarini; ed esulta: «La verginità in loro si rivela come stanza di Dio. Ognuno di loro passa come un ostensorio, che dona Gesù Eucaristia» (Ddf, 24.12.1976). 
Ottiene una “sublimazione di gaudio” nel costatare che il fratello oltre che essere via a Dio è anche sempre più via di Dio a lui; è “sacramento di Dio”, così come lo è l’Eucaristia (28.4.1977 e 19.1.1978).
Negli ultimi tempi della sua vita terrena intensifica il vivere e comunicare quel ch’egli chiama “mistero d’amore”: è il «mistero in cui agisce la triade: Dio – Fratello – Io» (Ddf, 25.4.1979).

«Essere Te»
Ad un certo punto del suo santo viaggio, nella ricorrenza della festa dell’Immacolata dal profondo del cuore gli sale una preghiera densa di gratitudine, che è quasi un bilancio dei suoi rapporti con il Signore: «Gesù, figlio di Maria Immacolata, tu sai che non finisco di ringraziarti dei doni che m’hai fatti… E in realtà questa vita, pur coi miei peccati e difetti, non è stata, in quanto bellezza, forza, sapienza, unione con Dio, non è stata che Te… E di questo soprattutto ti ringrazio: d’avermi, in questa vita, fatto essere Te… E Tu sei per me eternità conquistata» (Ddf, 8.12.1973).
E il suo essere Gesù, e Gesù in croce, sul letto della sua malattia terminale raggiunge un punto di luce altissima, con l’impegno di “dare gioia” al Cielo: «Mai siamo stati tanto Gesù quanto ora che, concrocefissi con Lui, Gli diamo la gioia di una partecipazione viva… Siamo unificati con Lui nell’atto di salvare l’umanità. Rimettiamo nelle Sue mani il nostro spirito!» (Ddf, 25.1.1980).
È come un timbro – un sigillo d’oro – posto a conclusione di una vita spesa tutta all’interno e sulle frontiere della Chiesa: come generoso partecipe alla redenzione e, dopo l’incontro con Chiara, come costruttore – con lei e nel carisma di lei – di una umanità rinnovata dall’Ideale dell’unità.

Tommaso Sorgi


01) Memorie di un cristiano ingenuo, Città Nuova, Roma 1981, p. 51.
02) Ne scriverà la vita: Contardo Ferrini. Un santo fra noi, Milano 1949, p. VI.
03) Vedi Quaderno dei libri letti, dove il giovane Igino registrava le sue letture dal 1912 al 1930.
04) Rivolta cattolica, Torino 1925, Città Nuova 19975, p. 186 (rip. in Diario di fuoco, nuova ed. ampliata, Città Nuova, Roma 1990, p. 18): troviamo la data della lettura nel Quaderno, cit. nella nota precedente. 
05) Memorie, cit., p. 150; v. anche pp. 131, 144, 147. 
06) Segno di contraddizione, Morcelliana, Brescia 1933, p. 202.
07) Tale titolo è da lui scritto a mano su una copia del dattiloscritto preparato per la tipografia.
08) Memorie, cit., pp. 113-114.
09) La società cristiana, Ed. Salesiana, Pisa 1942, pp. 30 e 37-38.
10) Per il “chi non lascia…” si veda in part. Lc 14, 26-27 e 18, 29-30, che tra gli affetti presi in considerazione include anche quelli tra marito e moglie. L’esigente “sermone” di Matteo e di Luca non è da fraintendere, ricordando che è fatto da Colui che afferma l’assoluta indissolubilità dell’unione coniugale.
11) È una paginetta manoscritta preparata per il Diario, ma rimasta inedita.
12) Memorie, cit., p. 162.
13) Ibid., pp. 147-169.
14) Le aveva riservato anche un intero libro: Maria di Nazareth, Salani, Firenze 1943.
15) Rivolta cattolica, cit., pp. 23-25 e 205-207; Segno di contraddizione, cit., pp. 38-63; Gesù di Nazareth, SEI, Torino 1946, pp. 741-788.
16) Memorie di un cristiano ingenuo, cit., pp. 150-152.
17) Rivolta cattolica, cit., p. 22.